Hjelmslev riprende le fondamenta teoriche poste da Saussure e sviluppa in modo approfondito alcuni aspetti centrali del Corso di linguistica generale. In più occasioni sottolinea quanto la linguistica di Saussure rappresenti una svolta radicale rispetto alla tradizione precedente. Fino a quel momento, infatti, la linguistica era stata essenzialmente evolutiva, focalizzata soprattutto sugli aspetti fisiologici e storici del linguaggio, come la produzione dei suoni o l’evoluzione delle lingue nel tempo.
Con l’introduzione dei concetti di arbitrarietà del segno, valore linguistico e langue, Saussure provoca — secondo Hjelmslev — una vera e propria rottura epistemologica, cioè un cambiamento profondo nel modo di concepire e studiare il linguaggio.
Hjelmslev prende le distanze da una certa tradizione umanistica che, a suo avviso, ha reso la linguistica troppo “poetica”, “aneddotica”, “vaga” e “soggettiva”. Al contrario, egli sostiene che i fenomeni linguistici possano (e debbano) essere analizzati con rigore scientifico, attraverso un metodo esatto e sistematico, paragonabile a quello delle scienze dure.
Hjelmslev parte “dall’ipotesi che vi siano delle costanti nei fatti linguistici“ e per “ricercare tali costanti la teoria dovrà seguire il cosiddetto principio empirico, cioè dovrà essere coerente (libera da contraddizioni), esauriente e semplice.“ (Stefano Traini)
“La descrizione deve essere libera da contraddizioni (coerente), esauriente e semplice quanto più si possa. L’esigenza dell’assenza di contraddizioni ha precedenza su quella della descrizione esauriente. L’esigenza della descrizione esauriente ha precedenza su quella di semplicità” [Hjelmslev, I fondamenti della teoria del linguaggio].