“Non può esserci semplicemente un’espressione senza qualcosa di espresso e viceversa. Queste due proprietà sono fondamentali a tutti i linguaggi.“ (Hjelmslev. “La structure fondamentale du langage”)
Hjelmslev affermava che, per motivi puramente logici, ogni linguaggio concepibile doveva necessariamente implicare due elementi: un’espressione e qualcosa che viene espresso. Riteneva che non potesse esistere un’espressione priva di contenuto, né un contenuto privo di espressione, e che queste due componenti fossero fondamentali per qualsiasi tipo di linguaggio.
Poiché non era certo che il concetto di significato — sia in senso mentalistico (cioè come stato di coscienza del parlante), sia in senso comportamentistico (come reazione dell’ascoltatore) — fosse sempre implicato, Hjelmslev preferiva non utilizzare il termine “significato” per indicare ciò che viene espresso. Sceglieva invece il termine contenuto, considerato neutro e non compromettente, utile per rimandare il problema del “vero significato” a una fase successiva dell’analisi.
Secondo lui, anche ipotizzando l’eliminazione del locutore e dell’ascoltatore, e anche mettendo da parte l’idea del significato inteso come coscienza o comportamento, non si riuscirebbe comunque a ridurre il linguaggio a semplice espressione. Il contenuto, infatti, rimarrebbe un elemento indispensabile. Il linguaggio, sosteneva, ha una natura dualistica, è una struttura a due facce, che implica sempre sia un piano dell’espressione sia un piano del contenuto.
“Il contenuto è il complemento necessario dell’espressione. Il linguaggio resta doppio, è una struttura a due facce che implica contenuto ed espressione. Io li chiamerò i due piani del linguaggio.“ (Hjelmslev. “La structure fondamentale du langage”)